Chi o cosa ti fa passar la voglia di leggere? Roberta De Tomi ce lo racconta

(di Dario Villasanta)

Diciamoci la verità: se chi ama leggere seguisse da vicino i profili dei personaggi legati al mondo dei libri, dagli autori ai blogger, probabilmente si allontanerebbe dai libri anziché avvicinarcisi perché sono molti e troppi gli attriti, scontri, le meschinerie tra la gente del settore. Al sottoscritto in primis è capitato di non voler più leggere per un po’, disgustato da comportamenti che non ti aspetteresti da rappresentanti della cultura. Ho quindi voluto interrogare in proposito una persona che non manca di chiamare le cose con il loro nome senza tanti complimenti per spiegarci queste antipatiche situazioni, e che senso hanno. Come professionista del settore, lei sente di doversi allontanare da certi comportamenti che, secondo lei, sono lesivi del suo lavoro e della letteratura tutta, senza dimenticare il mondo degli esordienti che è sempre difficile e poco considerato. Signore e signori, la scrittrice, blogger e giornalista Roberta De Tomi risponde per noi.

Roberta, chi ti segue ha notato che lanci frequenti strali contro alcune persone che, tu come tanti di noi, hanno identificato in categorie che gravitano intorno al mondo della cultura a vario titolo, il più delle volte in forma più parassitaria che utile. Ti va di sintetizzarci alcuni di questi caratteri che, a tuo avviso, fanno male sia a chi ci lavora come a chi vorrebbe solo leggere in pace? Non oso chiederti dei nomi, ma se ti va puoi farli.

Ciao Dario, grazie per l’ospitalità. Un saluto ai lettori del blog.
Piccola premessa: lancio strali ma non è certo mia intenzione pormi sul piedistallo o ergermi a Dio giudicatore; se potessi essere Dio, renderei questo sistema meritocratico, con uno schiocco delle dita! 
A parte questo, arrivo alla prima categoria: il disonesto intellettuale. Ne troviamo di due tipi. Il primo infittisce la schiera di autori impegnati – non me ne vogliate, ma va detto – in particolare poeti. Nulla da eccepire su penna e cultura; nemmeno sull’idea politica, a ognuno la sua. Ma qui cascano le teste. Le opere parlano di rivoluzione, anticonformismo, ribellioni. Begli ideali, non supportati dai fatti. Troviamo persone “normali”, con un lavoro fisso, una famiglia tradizionale e l’amante fuori sede (come da tradizione liberal-borghese, anche se la fede politica è l’opposta). Qualcosa stride no?
Prendiamo Jack Hishman: ai tempi fu licenziato per le sue idee politiche ed è sceso in campo attivamente. Ora, non dico che tutti gli “autori impegnati” debbano farsi licenziare o arrestare, ma un conto è la parola supportata dai fatti, un conto sono le pose. Parlo soprattutto di quelli che si atteggiano a rivoluzionari e poi li vedi gongolare per gli elogi, come Narcisi allo specchio. E questo considerando i dati – a prescindere dall’oggettivo valore culturale dell’opera – in quanto la poesia – salvo qualche eccezione – “non ha mercato”. Diciamolo: nemmeno Stephen King, che vende milioni di copie, se la tira così tanto. 

Passo al secondo tipo di disonesti intellettuali: quelli che non sanno scrivere. Si fanno correggere i testi (e non parlo dell’editing, ma della grammatica) e si definiscono scrittori (alcuni, grandi scrittori, tirandosela!).  
Un esempio? Non si definisce grande, ma scrittore: Jack Golem, autore self di una serie di romanzi pseudo-erotici zeppi di errori. Tuttavia Jack pare che venda assai. I misteri dei lettori?
Terza categoria: i viscidi. Ci provano a random giocando sui sogni di gloria dell’aspirante autrice (vale anche al maschile).
Quarta categoria: quelle/quelli della “sex-scorciatoia”. Ho conosciuto un’autrice che si buttava tra le braccia di scrittori più o meno noti nella speranza di fare il grande salto. Il corpo è tuo e ne fai quello che vuoi, ma poi devi dimostrare di essere brava.
La quinta categoria è tipicamente femminile. Le autrici tutte “ammoreee!”,  adulatrici seriali del tuo operato, fino a quando il rapporto non si incrina per una contesa sessual/sentimentale/editoriale o perché le dolcissime fanno il grande salto dimenticando gli “ammoriii!” che hanno contribuito alla loro ascesa. Quando si dice la gratitudine, insomma.   
Sesta categoria: i divi. Un nome: Marco Travaglio. Una penna giornalistica eccellente, a prescindere dalle idee che si possono condividere o meno. Quando l’ho incontrato personalmente, mi sono sentita intimorita… un po’ come come Fantozzi al cospetto del Mega Direttore, non so se rendo l’idea. I divi sono gli autori irraggiungibili: dal punto di vista umano possono risultare meno papabili o irraggiungibili, ma le competenze e le capacità della penna ci fanno andare oltre le sensazioni di pelle. Qualche lettore potrebbe mettere da parte il libro per una questione umana, ma accade di rado. Il divo sa fare il suo mestiere e il pubblico lo conferma.

Quali sono le situazioni più frequenti – a volte in modo banale e prevedibile, per mia esperienza – che genera tale tipo di parassiti? Se hai qualche aneddoto, regalacelo in libertà se vuoi.

Un aneddoto su tutti che contempla quasi tutte le casistiche esposte. Contesto: una rassegna letteraria da me organizzata in un locale della Bassa.

Mi contatta un’autrice – di quelle tutte “ammoreee”, hai quindi capito che partiamo bene! – chiedendomi di organizzare una presentazione con un autore che nel suo cerchio letterario ha un seguito nutrito e cura contenuti culturali online. Io le chiedo delucidazioni, lei mi dice che è la sua “anima gemella poetica”. Quindi mi manda il materiale e faccio la promo della serata. Fin qui, tutto liscio.

Arriva il giorno fissato. Bella presentazione, fino a quando non si va a cena. L’autrice si atteggia come fosse una diva alle prese con una corte di ammiratori isterici. Per inciso, è una di quelle che scrive post sgrammaticati e poi fa spuntare magicamente i testi corretti. A parte questo, la “grande scrittrice” tiene banco manco stesse ricevendo un Nobel e civetta con il collega che sbava per lei come un adolescente in tempesta ormonale. Per fortuna arriva il momento del commiato. L’autore intende intervistarmi. Intervista mai fatta, forse perché non ero “l’anima gemella poetica”. O sono maliziosa io?   

A parte questo, sto pensando di organizzare cene letterarie con tresca. O ritrovi per “anime gemelle poetiche”.     

Ma non è finita! La ‘grande scrittrice’ non fa nulla a caso: intende conoscere l’editore della sua ‘anima gemella’ per pubblicare il nuovo “capolavoro”. E quando, successivamente, riceve due di picche riempie di insulti la sua anima gemella, declassata allo status di “non più grande amore”.
Tra l’altro, non stiamo parlando di possibilità di vendite milionarie, ma di pubblicazioni indipendenti (senza nulla togliere al lavoro degli editori indipendenti, che più che di “grandi scrittrici” hanno bisogno di “brave scrittrici”/”bravi scrittori”. Magari con cognizioni linguistiche di base).
Un altro aneddoto? Caso-viscido: il curatore di un progetto editoriale che mi ha escluso dopo che mi sono rifiutata di “Concedermi”. Lui ha dichiarato una grande amore (ci siamo visti una sola volta!), io sono sempre stata chiara: “No Party, No Love”.

Un capitolo a parte meritano secondo me le recensioni. Io ho smesso di recensire per testate altrui – anche molto note – per non mischiarmi alle orde di genuflessi, di democristiani del giudizio letterario. Secondo te servono davvero ai lettori, o sono solo caramelle di vanità buone per gli autori?

Se fatte con le giuste argomentazioni, orientano i lettori alla lettura. Io faccio anche stroncature, sempre argomentate (poi, ci mancherebbe, non ho la verità in tasca) ma ormai diventa sempre più difficile fare recensioni serie per due ragioni: il terrore dello spoiler (una vera recensione ne fa un minimo, gli autori devono mettersi il cuore in pace), e il marketing. Le recensioni sono ormai ridotte alla dicotomia dei ‘Lovers against Haters’. Conosco autrici self di un certo successo, bombardate da recensioni fasulle scritte per danneggiarle. D’altra parte ci sono recensioni di amici capaci di definire un’opera mediocre il romanzo del secolo. Poi leggi la trama e l’estratto e capisci tutto. Alcuni direbbero: “Baby, è il mercato”. Ma mettetevelo in testa: i lettori non sono scemi, le recensioni negative arrivano, prima o poi. Baby o non baby.

Dopo quanto ci hai raccontato verrebbe la pelle d’oca al solo pensiero, che so, di andare a una presentazione, ma ci sarà ben qualcosa che sa rinnovare l’amore per i libri, o no? A parte non voler conoscere gli autori, ovviamente (rido, ndDario).

Potremmo scrivere il libro: “Non conoscete quell’autore!”. Scherzi a parte, ci sono splendide eccezioni. Una sera mi sono trovata a chiacchierare con Gianluca Morozzi e Maria Silvia Avanzato, dopo una presentazione. Zero spocchia, tanta semplicità e un vinello condiviso in una location suggestiva. Cito anche Alessia Rocchi, bravissima autrice di una trilogia vampiresca, con cui ho passato ore al telefono. Impegni vari ci hanno allontanato, ma penso ad Alessia con stima e affetto. Avrebbe meritato maggiore spazio e considerazione nell’editoria, anche se credo che la sua timidezza l’abbia frenata molto. Un altro esempio: il compianto Giuseppe Pederiali. Sempre disponibile con gli autori esordienti, al nostro primo incontro mi ha chiesto di leggere il mio romanzo d’esordio. Lui mi ha scritto parole incoraggianti. 
Conosco autori e autrici che vendono tanto, ma non si atteggiano. E con loro ti fai anche quattro belle risate, senza moine e adulazioni! Conosco anche esordienti e indipendenti pazzeschi, cui auguro di sfondare. Senza dover essere ‘l’anima gemella poetica’ di nessuno.

Quindi, premesso che anche e soprattutto gli autori dovrebbero essere in primis lettori forti – altrimenti come fanno a scrivere? – prova a riassumere quali sono, secondo te, le regole auree per non farci scappar la voglia di leggere e, se possibile, farla venire a chi non ne ha.
1) Segui la bellezza: belle storie/liriche, bella scrittura.
2) Ama l’autore in quanto tale e non in quanto persona: quello che l’autore fa a casa o a letto non conta.
3) L’onestà intellettuale: scegli letture intelligenti, non le furbe ruffiane.

4) Attiva il criceto: la lettura è bella se attiva il criceto che abbiamo in testa, facendo funzionare bene i meccanismi del pensiero.
5) Attiva il cuore: leggere ci regala emozioni uniche. Perché privarsene?

Chio è Roberta De Tomi

Classe 1981, Roberta De Tomi è nata e cresciuta in provincia di Modena. Laureata al DAMS di Bologna, dopo diverse esperienze lavorative, ha iniziato a collaborare con alcune testate giornalistiche e radiofoniche locali, occupandosi anche di eventi e di comunicazione istituzionale.

Di recente pubblicazione sono: la raccolta poetica solidale La luce oltre le crepe (2012, Bernini Editore, in veste di curatrice insieme al poeta modenese Luca Gilioli), il manuale Come sedurre le donne (2014, HOW2 Edizioni, tra i bestseller dell’editore), il chick-lit ironico-erotico Chick Girl – Azalee per Veridiana (2016, Delos Digital), il librogame fantasy che fonde prosa e poesia, Alice nel labirinto (2017, DAE) secondo posto ex-aequo al Trofeo Cittadella per il miglior romanzo Fantasy 2019.

Ha autoprodotto il thriller Laura nella stanza (2019) che nasce da un’idea di scrittura creativa legato al blog www.lapennasognante.blogspot.it e l’urban-fantasy Melody, la Vestale di Inventia (2020). Roberta tiene anche laboratori di scrittura creativa.

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