(di Giovanni Gentile)
Compagna Luna di Barbara Balzerani, edito da DeriveApprodi, non è un testo su cui mi è facile scrivere. Compagna Luna è l’album fotografico di un percorso umano a cui non serve approdare in maniera eclatante alla richiesta di un perdono da chiedere né agli altri né a se stessi e proprio per questo evidenzia tutti i picchi, tutte le profondità, fino agli abissi, di un essere umano, di una vita, che con le sue cicatrici, non sente obblighi di piacere a nessuno. E per me scrivere sulla vita degli altri, specialmente su una vita messa così allo scoperto, è sempre un esercizio complesso e pericoloso. Ma facciamo un passo indietro.
Barbara Balzerani è stata un dirigente delle Brigate Rosse, “la vecchia” la chiamava qualcuno a causa della sua datata militanza, “la dura” la chiama il Corriere della Sera. Partecipa in maniera attiva al rapimento di Aldo Moro la mattina del 16 Marzo 1978 e pochi giorni dopo sarà al centro del “mistero” di Via Gradoli. Viene arrestata nel 1985 dopo una lunga latitanza. Viene scarcerata definitivamente nel 2011, dopo 26 anni di carcere.
Barbara Balzerani è una scrittrice. Il fatto che racconti di se stessa, di una parte importante della Storia di tutti, non deve assolutamente far passare in secondo piano il fatto che sia una attenta e profonda autrice, capace, senza fronzoli o barocchismi inutili, di far percepire sapori, colori, odori di quadri che dipinge con le parole. Per cui le farei un torto se prima di ogni cosa non le riconoscessi questa capacità rara. E in questo testo, finalmente, dopo 25 anni di ricerca mia personale, la Balzerani mi fa un grande favore, mi fornisce un approdo dopo lungo navigare. Mi offre la possibilità di guardarmi allo specchio, di non sentirmi più solo nella rielaborazione di un passato che non ho vissuto ma che sento profondamente mio.
Il mio rapporto di generazione di rivoluzionari appena successiva alla sua, di una generazione che ha dovuto fare i conti con dei genitori ingombranti a cinque punte, che ha dovuto recidere con dolore il cordone ombelicale per continuare a respirare. Una generazione che vive, da quando è nata politicamente, il complesso di Edipo e di Elettra e che negli anni ha fatto di tutto per uccidere il padre e la madre, dimenticandoseli nelle carceri, amandoli furiosamente prima per poi odiarli altrettanto furiosamente dopo. Addossando loro la colpa di un presente di fallimento e di un futuro che non c’è per poi ringraziarli perché senza quella lotta, giusta nelle intenzioni ma da contestualizzare e da collegare strettamente al periodo storico, non ci sarebbe stata la voglia di cambiamento e di relazioni che ha animato la nostra gioventù.
Quando si parla di certe cose non si può dimenticare il dolore che quell’esperienza ha provocato in tutti, sarebbe utopico chiederlo, ma dopo 40 anni è arrivato il momento di riannodare i fili del discorso. E’ arrivato il momento, come lei stessa dice, di recuperare quella storia e rielaborarla per guardare avanti, perché non si può essere per sempre dei brandelli divisi, dentro e fuori. Perché quella storia collettiva, zittita da un potere voglioso di vendetta, che aveva bisogno di chiudere in fretta quella stagione senza guardarsi allo specchio, deve seguire quella personale. La fine della guerra porta a contare i morti e a ricostruire. In Italia si sono contati i morti e si sono chiusi i cancelli, seppellendo le parole e avendo paura di ricostruire in altri termini e in altri colori. E’ arrivata l’ora di analizzare insieme, di riformulare delle nuove relazioni, di ritrovarci, tutti, nello stesso modo in cui Barbara racconta di una sera in cui ha ritrovato se stessa.
“Ma ho poi vissuto veramente o mi sono limitata a bruciare ogni attimo esistente per l’avvento di domani? E chi ha chiuso, strappato, ricucito malamente ferite e dettato tempi e regole? E’ stato qualcosa all’esterno da me? E io sono qualcosa di altro? E se sì, dove andarmi a cercare? Dov’è vita? Dov’è io-vita? Perché è tutto così fuori posto? E si muove con tale velocità e indifferenza da far riemergere il vecchio incubo di non aver voce, né visibilità proprio quando più ho bisogno di ascolto e di presenza.”
E allora sia pace e siano parole, quelle parole che troppo a lungo sono state ridotte o alla ricerca di pietismo, narrando di una conversione sulla via di Damasco, come può essere forse “Nell’anno della Tigre” di Adriana Faranda o alla stregua di una confessione un po’ posticcia, prendendoci tutti per stupidi come “Il Prigioniero” di Anna Laura Braghetti.
Compagna Luna è il tentativo profondo di rileggere e rileggersi con gli stessi occhi ma con diversi occhiali, è il chiamare tutti ad un livello di responsabilità verso la società civile di cui ci siamo dimenticati, lasciando che tutto passasse senza un perché, come i suoi anni in carcere. Ri-parliamo, ri-annodiamo, ri-guardiamoci, ri-torniamo ad essere persone.
Compagna Luna di Barbara Balzerani
Ed. DeriveApprodi, II ristampa Settembre 2015