La perla introvabile? L’abbiamo trovata anche questa volta, ed è un libro dell’87 di Loriano Machiavelli. Perché è una perla? Perché è un libro diverso da tutti. E se qualcuno conosce Sean Connery… (continua)
(di Dario Villasanta)
“I libri non sono fatti per crederci”. Queste sono parole del Prof. Umberto Eco tratte dal celeberrimo Il nome della rosa, ma sono anche il leit motiv di un altro grande scrittore italiano, Loriano Macchiavelli, quando decise di indossare i panni dello studente curioso e contestatore e si intestardì nel voler scrivere un’indagine alternativa a quella di Guglielmo da Baskerville.
Era il lontano 1987, il film tratto dal libro di Eco e interpretato da Sean Connery e Christian Slater diventò presto un cult mentre il romanzo del Prof, campione di vendite, fu definito da un giornalista ‘il libro che tutti hanno comprato ma nessuno ha letto‘. E per quanto impietosa la definizione, qualcosa di vero c’è: non è affatto un libro facile da digerire.
Tanto per cominciare, interi dialoghi sono riportati in francese, spagnolo, tedesco e inglese medievali, oltre al latino. Chi non sa le lingue non ce la può fare. Poi, e qui si è incaponito Macchiavelli, a un attento esame la trama si presta a più di una lettura sottotraccia e da qui la creazione di un romanzo che le spiegasse: La rosa e il suo doppio, una vera e propria inchiesta su un cold case, per dirla con termini da film americano.
Per restare fedele alla sua indole da giallista, Loriano è partito dall’intreccio puramente istruttorio della vicenda, che oggi definirebbero thriller storico, analizzando l’indagine pura e semplice ma condotta attraverso la conoscenza del mondo moderno e – sorpresa! – Macchiavelli si convinse che il finale dato da Eco era tutto sbagliato. Non quindi l’abate Jorge il colpevole, ma altri. Chi allora? E come osare un tale affronto a cotanto intellettuale come lo stimato Umberto nazionale?
Sta dunque in tale presa di posizione, innanzitutto, il genio che rende speciale La rosa e il suo doppio, ma non solo: Macchiavelli ‘costrinse’ Sean Connery in persona a indagare finalmente sul serio, insieme al fido Slater/Adso da Melk, appena terminato l’ultimo ciak del film, per ripercorrere insoddisfatto tutti quei delitti del 1300 con gli occhi di un uomo dei nostri giorni (intesi come il 1987).
L’ulteriore valore di questo libro, ormai introvabile purtroppo, è vieppiù di atmosfere e dialoghi, non solo verbali, cercati in una dimensione sempre sospesa tra i prosaici anni ’80 e un’altra, antitetica, che definirei a tratti addirittura onirica, tanto Connery, Slater e gli attori che impersonarono gli altri protagonisti si immedesimano anima e corpo in frati del ‘300 appena indossano il saio da benedettino o francescano sopra i loro vestiti moderni.
Quindi La rosa e il suo doppio è un’opera che risalta per singolarità letteraria e di contenuti rispetto a tutta la produzione solita di Loriano Macchiavelli, e non solo la sua. Non manca la profondità tipica di questo autore e la sensibilità sociale in alcune conclusioni che – forse – trae, ma la cosa divertente sono i dialoghi inventati di sana pianta che lui stesso prima, e Sean Connery poi, intrattengono con un beffardo e a tratti infastidito Professor Eco.
Non posso svelare altro che non sia spoiler, se non che offre realmente nuove e diverse chiavi di lettura non solo del libro ‘originale’ in sé e per sé, bensì anche del nostro odierno modo di pensare e concepire la vita e ciò che ci circonda nel quotidiano.
Come ho già scritto, è introvabile come libro, se non in qualche biblioteca ben fornita (e fortunata).
Non posso però non togliermi delle curiosità dopo averlo letto, e suggerirne anche a voi se posso, se non molestando lo scrittore vergatese con alcune domande che gli sto imponendo – è bene che lo sappiate – con la prepotenza che solo un lettore indemoniato può esercitare, e ringrazio Loriano Macchiavelli per rispondermi anche questa volta.
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Loriano, in questa indagine alternativa di un libro famoso hai contestato e sovvertito tutti i capisaldi di un bestseller. Qual è stato il commento del compianto Professore quando lesse il tuo libro, e la sua reazione quando ha saputo di una simile arguzia? Perché se non sbaglio ti aiutò personalmente con la Bompiani perché tu potessi pubblicarlo.
Per la verità non rispose. Si limitò a sorridere sotto i baffi e a guardarmi con occhi furbi. Gli avevo appena detto che la Bompiani non mi autorizzava a pubblicare il mio romanzo costruito con i suoi personaggi. Finì di riempire la borsa da viaggio con una quantità di appunti, cartelle, riviste. La chiuse con cura e disse: «Devo prendere il treno per Torino.Se mi accompagna alla stazione, ne parliamo lungo la strada.
Parlai solo io e prima di lasciarlo nell’atrio della stazione mi chiese: «Ce l’ha qui?» e mi tese la destra, ma non per stringere la mia. Per prendere il manoscritto che era certo io avessi portato. Aveva ragione. Glielo consegnai e se ne andò. Diedi addio al professor Eco e alla copia dattiloscritta del mio romanzo La rosa e il suo doppio. Non avrei più avuto notizie né di lui né di lei.
Mi sbagliavo. Qualche giorno dopo ricevetti la sua lettera scritta con la stilografica e con l’autorizzazione alla pubblicazione del mio-suo romanzo.
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Hai immaginato, sempre nel libro, dialoghi fra te e il Professore ma anche fra Connery e il Professore. Ma se quest’ultimo ha persin dato il benestare alle parole che tu gli hai attribuito nel romanzo, Connery invece ha mai saputo di questa alternativa e insolita indagine, nonché del ruolo che gli avevi addossato?Arrivare a Umberto Eco era nelle mie possibilità: insegnava al Dams, via Guerrazzi, Bologna. Conoscevo la sua allora assistente, la professoressa Patrizia Violi. Arrivare Sean Connery per avvertirlo che lo avrei utilizzato per il mio romanzo, era un po’ troppo. Lui non lo saprà mai e mi dispiace.
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Ultima domanda. Fai notare più volte che Eco, da mente fina quale era, lascia il lettore nel dubbio: il finale de Il nome della rosa è davvero e volutamente ‘sbagliato’, il Prof ci ha preso tutti in giro, oppure… Già, oppure? Perché, ricordiamolo, “i libri non sono fatti per crederci”. Per cosa dunque? E lui ti confidò mai la verità?
La frase esatta che si trova nelle postille a Il nome della rosa è la seguente: “I libri non son fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine”. L’ho preso in parola: ho indagato il suo romanzo. E nella lettera autografa che mi spedì qualche giorno dopo il nostro incontro ci sono alcune frasi che andrebbero anch’esse indagate. Ancora non l’ho fatto.
Allora, e anche oggi, mi rese felice il fatto che mi avesse concesso l’onore di mettere la mia penna nel suo romanzo. Vorrà dire qualcosa, no?
E dunque, non importa quanti libri abbiamo letto, ma quanti abbiamo sottoposto a indagine? Bella domanda. Ah, dimenticavo: qualcuno conosce per caso l’agente di Sean Connery? Vorrei scrivergli qualcosa…
Per saperne di più sull’autore e i suoi romanzi: segui Loriano Macchiavelli sul suo sito cliccando qui: LORIANO MACCHIAVELLI