Marzabotto: serve ancora commemorare?

(di Dario Villasanta)

Vivo a Marzabotto da pochi mesi e, come tutti, la prima volta rimasi letteralmente inchiodato di fronte alle lapidi commemorative dell’eccidio del ’44 perpetrato dai tedeschi. I tedeschi, ma anche le camicie brune degli italiani collaborazionisti. Ieri poi, a due giorni dalle commemorazioni ufficiali, mi è capitato di sentirne parlare in un bar, e la domanda che ci si poneva alla fine era: ha ancora senso commemorare?

Può sembrare una domanda spietata o, alla peggio, oziosa, ma credo che non lo sia. A che pro infatti veder sfilare personaggi politici che, indipendentemente da come la pensano e agiscono, leggono le frasi fatte di circostanza a un pubblico che, diciamocelo, comprende troppo poca popolazione? Che significato ha ancora la frase ‘per non dimenticare’?

Oso dire la mia: poco, se non forse nullo.

Vale zero se una commemorazione è fatto isolato,ristretto a una data e non allargato alla cultura della gente, se non è contestualizzato. Non ha senso infatti parlare a dei ragazzi, settant’anni dopo, di cose che nemmeno possono immaginare se non gli è stata  insegnata prima la Storia, quella vera e con la ‘S’ maiuscola e a ragionarci sopra.

Non trovo senso, inoltre, quando le parole preconfezionate per un evento simile diventano strumento politico per il personaggio di turno, che le usa per cucirsi addosso un’immagine a favor di popolo.

Diciamolo chiaro: la storia dell’umanità è costellata di massacri ingiusti e sacrifici di persone innocenti: dovessimo esser coerenti, dovremmo restare a capo chino dalla  mattina alla sera e ricordare, ricordare e ancora ricordare, senza più alzar la testa per andare avanti ma, soprattutto, senza aver preso coscienza delle responsabilità, almeno quelle che ci riguardano.

In un Paese come l’Italia, che non ha mai risolto il suo conflitto con i rigurgiti di estrema destra con una seria autocritica, né con delle leggi antifasciste fino in fondo (basti vedere l’episodio del calciatore che a Marzabotto esultò con il saluto romano, mai davvero condannato) come invece ha avuto il coraggio di fare, per esempio, la Germania, ogni ricordo o pretesa in tal senso sarà vuoto, inutile e, anzi, insultante per chi a causa del nazifascismo è morto ingiustamente.

Perciò, ha ancora senso commemorare? No, finché non si farà veramente della cultura, intesa nel senso più ampio del termine, lo strumento perché ogni data, ogni ingiusto e inutile massacro siano instillati nelle nostre menti come un qualcosa di profondamente malvagio e, allora sì, da ricordare perché non accadano mai più. A quel punto, sì, forse un senso lo avremo davvero tutti noi, al di là delle cerimonie.

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