(di Dario Villasanta)
Nome: Divier. Cognome: Nelli. Professione: osare. Sì, osare, perché è quello che prova a fare scrivendo e, come dirà poi, ama anche nella lettura, prediligendo chi sa osare nello scrivere una storia. Non posso non sospettare che tale simpatia per la sperimentazione derivi anche dal suo mestiere ‘ufficiale’ di editor e consulente editoriale (tra le altre, anche per Rusconi Nda) che, come molti di voi sapranno, mette a confronto lo spirito artistico (di Divier, in questo caso) con la necessità di individuare le peggiori espressioni dell’arte altrui – d’altronde, un editor serve per questo. Senza contare quanto si trova a suo agio nel saper scrivere e gestire generi e stili diversi, fattore che in teoria dovrebbe considerarsi come valore in più per uno scrittore, ma a quanto pare, e ci spiegherà lui il perché, non è così. Ultima nota: quando lo chiamai per questa intervista e parlammo un po’ di tutto, gli rivolsi espressamente una richiesta: di non essere ‘democristiano’ nelle risposte. Perché mi è capitato di intervistare personaggi che, magari, dal loro profilo Facebook lanciano strali contro tutto e tutti, poi però quando gli servi su un piatto d’argento l’occasione per una dichiarazione contestualizzata rimangono sul ‘politically correct’, e la loro schiettezza va a farsi benedire. Divier mi ha promesso che non l’avrebbe fatto e così è stato, pur con il tono educato e sensato che tanto manca ai personaggi pubblici di oggi. Adesso che le domande e le risposte ci sono, credo possiate giudicare da voi.”
Divier, la narrativa la vivi da scrittore e da editor professionista, difficile avere un ruolo migliore per avere il polso della letteratura italiana di oggi. Tra discorsi su crisi editoriale, crisi culturale o di qualità dei testi, tu oggettivamente come la percepisci? Sta veramente andando a rotoli, o si esagera?
Non penso che il sistema stia andando a rotoli, la cultura alla fine trova sempre un modo per sopravvivere anche nelle peggiori condizioni. Ma ovviamente non bisogna mai abbassare la guardia. La crisi sembrerebbe passata: secondo i dati diffusi, il 2017 è stato un anno positivo per l’editoria e la cultura in generale. Quanto alla qualità dei testi, dipende da tanti fattori: in primo luogo dall’autore, poi dall’editore e dagli addetti ai lavori che gli ruotano intorno e fanno sì che un libro arrivi sul mercato.
Il decadimento culturale tra i giovani: realtà o falso problema? Mi riferisco innanzitutto a come viene affrontata la cultura nelle scuole.
Il problema esiste, ma non si può generalizzare. Ci sono programmi del ministero, ma molto dipende da scuola a scuola, dove fattore umano e fortuna hanno un ruolo fondamentale. Ci sono classi con studenti difficili, in zone difficili, in cui anche l’insegnante più motivato e illuminato fatica a lavorare e ottenere risultati. Classi ottime che si ritrovano insegnanti che ripetono controvoglia la lezione preparata il giorno prima. L’idea che mi sono fatto è che una parte dei giovani pensi che la cultura sia noiosa, una cosa da sfigati di cui poter fare a meno perché inutile per riuscire nella vita. Ma se questa è la percezione che hanno, dovremmo interrogarci sul fatto che è compito di noi adulti istruirli e fornirgli gli strumenti per diventare uomini e donne migliori. Se qualcosa in questo passaggio non funziona, significa che il sistema non è più all’altezza del compito importantissimo che deve svolgere e quindi va ripensato. C’è decadimento culturale tra i giovani, ma è anche vero che un buon numero di adulti, molti dei quali sono genitori, non se la cava tanto meglio.
Prendo ispirazione dal tuo ‘Il giorno degli orchi‘, in cui affronti il panorama dei social come lama a doppio taglio in varie sue accezioni. innanzitutto, da 0 a cento, quanto pensi si stia sfruttando il loro potenziale per divulgare cultura?
Non direi mai cento, perché si può sempre fare meglio. Numeri a parte, nei social si trova di tutto, compresa parecchia cultura, e di ogni tipo. Il difficile è riuscire a orientarsi: bisogna capire quali sono i contenuti ben fatti e realmente utili.
Tu, tra l’altro, non usi praticamente neppure Facebook. Credi che i social resteranno soltanto un palcoscenico personale, buono semmai per gonfiare l’ego già smisurato degli autori, o intravedi un modo di utilizzo differente dall’attuale?
I social non sono soltanto un palcoscenico personale. Per fortuna ci sono migliaia di pagine non autoreferenziali, in cui vengono forniti anche servizi di ordine pubblico molto importanti a una velocità fino a pochi anni fa inimmaginabile.
Quale sarebbe una ricetta di Divier Nelli per avvicinare più persone alla letteratura, o all’arte in genere?
Con gli adulti si può fare poco. Credo che fin da piccole le persone debbano essere educate al pensiero che letteratura e arte in genere non sono cose noiose. Sono anzi un gran divertimento, la massima forma di libertà. In seguito, ma solo dopo che è subentrata la passione, si potranno affrontare le cose in modo più serio e approfondito. Ancora prima della scuola, il ruolo di guida dovrebbero averlo i genitori.
Torno a intervistare il Divier-editor, e stavolta senza pietà. Oggi, leggendo libri editi da CE blasonate, si trovano non solo refusi ma anche strafalcioni incredibili. Domanda: ma gli editori non si accorgono? E se sì, perché continuano a pagare chi revisiona i testi così?
Magari se ne accorgono dopo, a seguito di qualche segnalazione. Il problema è che ogni anno i titoli pubblicati aumentano, e può accadere che la lavorazione del testo venga fatta in fretta. A questo va aggiunto che molti servizi, per abbassare i costi, sono sempre più affidati a collaboratori esterni che talvolta non hanno molta esperienza. Tutto questo sommato insieme…
Più in generale, secondo te, la qualità del lavoro in Italia oggi viene in secondo piano rispetto ad altri fattori meno ‘nobili’(produttività, raccomandazioni, superficialità ecc.)?
Diciamo che fattori meno “nobili” prevalgono in alcuni, ma fortunatamente non in tutti, segmenti dell’editoria. Ma la stessa cosa credo valga in generale per la stragrande maggioranza dei lavori nel nostro paese.
Non per parlare di politica, ma solo di episodi che la riguardano: negli ultimi anni si sono presi in giro ministri e parlamentari (di ogni parte) per il loro italiano o la loro ignoranza in generale. è un sintomo culturale da non sottovalutare, o un ‘periodo sfortunato’ della nostra storia?
È la manifestazione più triste e vera dei tempi in cui viviamo. Com’è che si dice? “Ogni popolo ha il governo che si merita”. Questa specie di gara al ribasso e alla mediocrità spinge molte persone a pensare: “Se ci riesce lui, posso farlo anch’io”.
Permettimi di parlare anche delle tue opere per affrontare un altro argomento. Hai avuto delle difficoltà ad affermare una tua continuità autoriale per non aver scritto sempre lo stesso genere, o romanzi non facilmente inquadrabili in una nicchia. Come siamo arrivati ad affidarci ai generi, e non semplicemente ai libri belli?
L’uomo ha bisogno da sempre di catalogare ogni cosa per riconoscerla e poter scegliere. L’inserimento di un titolo all’interno di un genere preciso permette all’editore di individuare il tipo di lettore cui questo è rivolto e al lettore se rientra nei propri gusti. Di fronte a qualcosa di anomalo, non immediatamente identificabile e catalogabile, si ha quasi sempre una certa esitazione, una reazione del tutto comprensibile.
“Ci sono libri belli e libri di merda. Dei secondi bisogna dirlo, altrimenti non si aiuta la selezione qualitativa.” E un’altra: “i libri belli vendono la metà”. Sei d’accordo con queste affermazioni? (non ti dico chi è neanche sotto tortura, ndDario)
Sulla prima, senza dubbio. Sulla seconda, si potrebbe discutere all’infinito. Nell’ambiente circolano parecchie frasi del genere, tipo: “I libri belli non si vendono”. Quando le sento, mi viene sempre un po’ di tristezza.
Ultima domanda. Chi ha portato davvero qualcosa di nuovo nella letteratura in questi ultimi anni, secondo te? E come?
Più che fare nomi, vorrei spiegare cosa apprezzo di più. Nutro grandissima ammirazione per quegli autori che raccontano una storia cercando sempre una strada nuova, che non hanno paura di osare e sperimentare, di cambiare pur sapendo di correre rischi.
E Divier Nelli, nel suo ultimo ‘Il giorno degli orchi’, cosa offre, o ha cercato di offrire di nuovo al lettore?
Una storia senza vincoli di genere, con protagonisti diversi e con una scrittura essenziale.
I nomi degli autori coraggiosi di cui alla domanda precedente, in realtà vorrei provare a farglieli dire anche torturandolo; ora ci provo, se riesco a farlo confessare vi avviso. Per il resto, credo che per lui come per tutti gli autori veri parlino i romanzi che, come dice sempre Massimiliano Santarossa, sono l”unica cosa che davvero vale e resta di uno scrittore.
Chi è Divier Nelli:
Divier Nelli (Viareggio, 1974) vive a Firenze. Scrittore, editor, consulente editoriale e insegnante di narrazione, ha diretto i Gialli Rusconi. Ha esordito nel 2002 col romanzo La contessa, cui sono seguiti Falso binario, Il lungo inganno (scritto a quattro mani con Leonardo Gori), Amore dispari e Coma. Decine di suoi racconti sono apparsi su importanti riviste e antologie, tra cui Drugs(Guanda), di cui è stato anche curatore. L’ultima sua opera è Il giorno degli orchi, uscito per Guanda nel 2017.