(di Marco Patrone)
Non so quanto si possa dire che I Vicerè di Federico de Roberto sia realmente un libro dimenticato, ma guardiamoci dentro, alla faccenda, e anche al momento storico che stiamo vivendo e proviamo a impostare qualche riflessione.
Intanto da ex-studente del Liceo Classico vorrei far notare come uno dei libri fondanti della nostra letteratura moderna, una lettura obbligatoria, sviscerata e approfondita è piuttosto quella de I Malavoglia, di Verga. Ecco, io ritengo non solo che per ricchezza di ispirazione, approfondimento e varietà dei personaggi, ambientazioni e “scene di massa” I Vicerè sia esteticamente superiore all´opera verghiana, ma che sia anche molto più rivelatorio, direi quasi “utile”, per far interpretare a un giovane liceale il carattere e la storia nazionali, quel mix di individualismo, opportunismo, adattamento alle circostanze, trasformismo che poi un altro scrittore conterraneo dei due citati finora, Tomasi di Lampedusa, sintetizzerà magistralmente ne Il Gattopardo.
Per me le qualità de I Vicerè sono o sarebbero tali da renderlo il romanzo sociale di un’epoca e di una nazione, come ad esempio ritengo che L´educazione sentimentale di Flaubert lo sia per la Francia, eppure se da una parte il libro rimane perlopiù fuori, come abbiamo visto, dai programmi scolastici, dall´altra non mi pare (lo dico empiricamente) neanche che i lettori seppur forti ne facciano una di quelle icone da riscoprire, con il carattere di lettura obbligatoria, e si intenda: obbligatoria perché arricchente, godibile.
Ho sentito qualche volta criticare lo stile di De Roberto, considerato poco elegante, e si sa che in Italia molto spesso una certa propensione al “bel scrivere” ha fatto prediligere lo slancio lirico rispetto a scritture più piane e apparentemente meno ricercate (penso ad esempio alla fama imperitura di Gadda rispetto a un Moravia che mi pare ultimamente in disarmo), ma vorrei appunto concentrarmi sul disegno complessivo, sull´unione e la sinergia potente tra i personaggi, le ambientazioni e direi il messaggio (o se preferite, l’intento) di fondo, l´intuizione che ha consentito a De Roberto di descrivere un “trancio di vita e società” italiano che ancora oggi può essere vissuto in maniera emblematica.
Mi soffermo sull’oggi anche se normalmente non amo i collegamenti tra letteratura e politica: pensiamo alla strana alleanza tra un movimento nato in Lombardia e un altro più spiccatamente meridionalista, o più in generale alle vicende recenti della storia del nostro paese, non sono stati quindi gli Uzeda dei grandi precursori dell´”agire italiano” e quindi De Roberto un grande, grandissimo visionario?
Chi è Marco Patrone:
Marco Patrone si occupa di sviluppo di prodotti bancari, finanziari e assicurativi. Ha però una seconda vita, nella quale si fa chiamare Recensireilmondo e cura l’omonimo blog letterario, tra i più seguiti in Italia. Il suo romanzo d’esordio, Come in una ballata di Tom Petty, è uscito per Transeuropa nel 2015. Un suo racconto è compreso nella raccolta Monaco d’autore, pubblicata per Morellini Editore nel 2016. Il racconto L’estate del Pollo, uscito nel 2016 nella collana L’animale umano di Urban Apnea Editore è stato finalista al Concorso Letterario Zeno, classificandosi secondo. Il suo secondo romanzo, Kaiser, è uscito nel 2018 per la collana Eclypse di Arkadia Editore.
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