(di Selene Pascasi)
Può un libro affiancare le orme di chi ci ha consegnato le regole dell’educazione e del rispetto, plasmando giorno dopo giorno la nostra essenza, unica ed inevitabilmente fallibile, di esseri umani? Può l’inchiostro farsi educatore, fratello, madre, nonno?
Io credo di si.
Sono fortemente convinta che l’intelligenza emotiva si nutra anche di parole, squarci d’anima che lo scrittore si provoca per lasciar fluire sulla carta il sangue dell’esperienza e della propria interiorità. Scrittori veri, si intende. Così, quello che non abbiamo appreso dal reale e dal contesto di vita, possiamo berlo dalle sorgenti letterarie.
Pensiamo alla tematica, delicata e forte, del rispetto per le donne, sempre più spesso vittime di umiliazioni, abusi, maltrattamenti, molestie sul lavoro, violenze psicologiche, umiliazioni, omicidi. Argomento caldo, sviscerato in convegni, iniziative, programmi di intrattenimento. Si, ma davvero i salotti tecnici o televisivi offrono le soluzioni per calarci privi di pelle e protezione nel problema, viverlo ed uscirne più consapevoli?
Non penso, perché la vera chiave di lettura (è il caso di usare questo termine) la conserviamo dentro, nella coscienza, dove solo la scrittura può farsi strada e lasciare la sua impronta. Ecco che dai romanzi possiamo imparare la forza di quelle donne che – come Jane Eyre di Charlotte Bronte, orfana cresciuta in un collegio, lontana anni luce dai canoni della fanciulla romantica – riescono a conquistare l’indipendenza e un posto nel mondo grazie alla cultura e alla tenacia, figlia delle difficoltà affrontate. Ancora, tra le pagine di un libro è possibile apprendere l’arte di affrancarsi da “antichi” traumi e realizzare che la violenza non è necessariamente un vuoto a perdere. A volte, è l’occasione che il caso (o il destino, se preferiamo) ci offre per farci scoprire quella buona dose di coraggio pronta all’uso che la linfa vitale ci inietta alla nascita. È accaduto alla protagonista di La lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini, nobildonna muta a causa di un trauma infantile, dolore alienato e messo a tacere da un corpo privo di voce. Sofferenza che, però, si è trasformata in riscatto, passione per la conoscenza, per la filosofia e per l’arte.
Ma dai libri impariamo anche il rispetto nei confronti di donne di culture diverse dalla nostra.
Donne ancora “marchiate” che, invece, possono illuminarci. Penso ad Ajse, giovane musulmana che in Liberasempre di Nina Palmieri, lotta a carne viva per la bramata occidentalità, alla Sposa bambina di Nojoud Ali, bimba schiava e moglie che, ribellandosi alle atrocità del suo paese, fugge e ottiene persino il divorzio dall’uomo che le aveva ipotecato il futuro o a Io sono Malala e alla sua battaglia per il diritto all’istruzione, reclamato anche a nome delle coetanee afghane.
Ma il romanzo giusto sul comodino può anche farci scoprire vittime di una violenza psicologica talmente sottile da essersi mimetizzata fino a divenire quasi trasparente. Eppure, in quel “quasi” si nasconde un universo fatto di manipolazioni, controlli, graffi all’autostima, svilimenti. Una rete micidiale in cui si resta intrappolati fin dai primi istanti di una relazione e quando ne diventiamo consapevoli, beh, il malessere ci si è già incollato alle ossa.
Prendiamolo in contropiede, allora, questo cancro bastardo che infetta il pensiero di uomini insicuri, vigliacchi, incapaci di fronteggiare un abbandono o di reggere il confronto con donne “pensanti”. Facciamo incetta di libri che possono farci cadere le bende dagli occhi e mostrarci, in modo brutale se occorre, scenari che potremmo scoprire simili ai nostri. In Non mi fai più paura di Adele Dolci, per esempio, c’è il ritratto di una donna che, reduce da una crisi matrimoniale si rifugia in una storia-balsamo la quale, però, respiro dopo respiro, diventa gabbia, isolamento, persecuzione. Calvario che le insegnerà a lucidare le armi dell’autocoscienza guidandola nella rinascita. Indizi preziosi per stanare il manipolatore, poi, sono sparsi qua e là tra le pagine di Amare uno stalker. Guida pratica per prevenire il «femminicidio» di Ruben De Luca e Alisa Mari, collage di casi veri che si chiude consegnando dritte di autodifesa utili per salvaguardarsi da legami pericolosi come quelli descritti in Una donna spezzata di Simone De Beauvoir, in Se fa male, non è amore di Montse Barderi o in Donne che amano troppo di Robin Norwood.
Opera, quest’ultima, che si muove sul narrato di una serie di rapporti insani dai quali le protagoniste, facendo appello a risorse innate, e svestito l’abito confezionato su misura per loro da partners folli ed egocentrici, si riappropriano dell’amore e del rispetto di sé.
Sommessamente, mi si consenta di citare tra i romanzi che possono allenare l’educazione emotiva anche il mio Dimmi che esisto (Ed. La Gru), storia di Giulia, avvocato che, nel difendere una cliente vittima di stupro, si troverà a fare i conti col passato e con i mostri della sua fragilità. E sarà lì, tra le ceneri di una violenza rimossa, che troverà la forza per amarsi, esistere. Giulia userà il dolore, come solo le donne sanno fare, per farne nascere vita. Non è un caso che io scriva così: “una donna abusata è una fenice. Ricordalo, mentre le tatui di nero il corpo e l’anima. Le tue mani vigliacche non le strapperanno via la dignità. Lei rinascerà. E userà proprio la tua misera violenza per rinascere. Per amarsi ancora. Per non permettere più a nessuno di spegnere i suoi sogni. Perché la donna è resilienza”.
In alcuni libri si va oltre la storia malata. Ci si immerge nel liquido ustionante della tragedia.
Parlo del gesto omicida che, ogni tre giorni, spegne i sogni e la vita di una donna. Un fenomeno che non si arresta, nonostante l’impegno politico, legislativo e giudiziario, di fronte al quale non possiamo e non dobbiamo voltarci. Aggrappiamoci, quindi, a qualsiasi maniglia comunicativa che mantenga alti i riflettori su questa piaga. Facciamo nostri, come bravi alunni, le lezioni impartite da Se questi sono gli uomini di Riccardo Iacona dedicato ai fatti di violenza che si consumano in casa, il luogo del cuore, quello dove dovremmo sentirci al sicuro o da Nessuna più. Quaranta storie, quaranta scrittori contro il femminicidio, potente denuncia corale di un dramma dilagante. Ebbene, se questa è solo una minima parte dello scenario letterario, chi potrebbe affermare, ora, che un libro è solo un libro?
Chi è Selene Pascasi:
E’ avvocato e giornalista (firma de Il Sole 24 Ore), scrittrice, poetessa, paroliere e critico musicale (in seno al Premio Lunezia).
Cura, per State of Mind, le Rubriche Psiche&Legge e Psiche&Musica.
Interviene il venerdì, su Radio L’Aquila 1, per dare i suoi giudizi musicali sulle novità settimanali
Opere: il romanzo Dimmi che esisto (2018, La Gru Edizioni), la silloge poetica Con tre quarti di cuore (2013, Galassia Arte), la raccolta di aforismi In attesa di me (2015, Rapsodia), Sanity and Insanity in a Criminal Trial (Accademia Americana S.F., Atlanta ’12), la monografia La Persona Oggetto di Reato (Giappichelli, 2011).
Finalista (in attesa degli esiti) al Premio De Andrè 2017, con E moriremo ancora, prima classificata al Premio Lunezia Winter 2017, con la poesia Scrivo di te; seconda al Premio San Valentino 2017, con la poesia Come posso?; quarta al Premio Bukowski 2017, con la poesia inedita Ho bisogno; targa d’onore al Premio Merini 2017, con la poesia inedita Lane di tempo; menzione di merito al Concorso Nazionale Artisti per Peppino Impastato 2017 con Io ti amavo; seconda al Premio Merini 2016, con la poesia Morire in un giorno d’estate; targa di merito al Premio Merini 2015, con la poesia Io ti amavo; quarta al Premio Polverini 2015, con la silloge edita Con tre quarti di cuore; terza al Premio Bukowski 2013, con la poesia inedita Spazio d’ambra
E’ giurata, sezione poesia, al Premio Letterario Nazionale Cavallari.
Partecipa ai brani: Una maschera (di Ventruto, Premio Critica Mei) Madame Bijoux (coautore Tosello) e Eri qui da ieri (coautore Boriani)
In realizzazione: il corto cinematografico “Altrove”. Soggetto: Selene Pascasi. Regia: Gabriele Alessandrini. Ne è prevista l’uscita in contemporanea con la Francia.
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