(di Vincenzo Maimone)
Cosa c’entra Leonard Zelig con un articolo che dovrebbe parlare di lettura (o di non lettura)?
Leonard Zelig è il protagonista di un celebre film di Woody Allen. La storia, girata in un suggestivo bianco e nero che amplifica le atmosfere anni Venti, racconta le vicende cliniche di un curioso paziente della dottoressa Eudora Nesbitt Fletcher. La particolarità della patologia che affligge Zelig è la sua capacità di assumere comportamenti, pensieri e perfino i tratti somatici delle persone con le quali viene a contatto. Leonard Zelig è il paradigma della società monodimensionale, direbbe Marcuse. È l’esempio tipico dell’omologazione. E difatti questa sua capacità lo fa diventare molto presto un simbolo, un’icona, il modello ideale della società di massa.
Ma, come ben sa, la dottoressa Fletcher, Leonard Zelig è innanzitutto un malato. E come tale necessità di cure, ma prima ancora, come insegna ogni terapia psicanalitica, di una diagnosi e di una esatta ricostruzione delle origini del disturbo.
La risposta è molto semplice. L’origine del disturbo di Zelig è strettamente connesso con i libri e con il rapporto, spesso conflittuale con questi misteriosi oggetti. Per capire la patologia dell’uomo camaleonte è necessario ripercorrere a ritroso la sua vita fino al giorno in cui una sua maestra, entrò in classe animata da una domanda da rivolgere all’intera scolaresca: “Chi di voi ha letto Moby Dyck?”.
Fu quello l’inizio di tutto. Le mani dei compagni di classe del piccolo e insicuro Leonard si alzarono all’unisono. Non gli restava molta scelta. Pur sapendo di mentire, Leonard sollevò la mano, uniformandosi al resto della classe. Da allora, omologarsi divenne la sua unica opzione.
Penso a Leonard Zelig, quando immagino un possibile identikit del “finto” lettore.
Il finto lettore è facile da individuare. Proverò a riassumere alcune delle sue peculiari caratteristiche.
- Il lettore che finge ha letto tutte le quarte di copertina dei libri degli autori premiati al Bancarella, al Campiello, al Taralluccio (l’ultimo è un biscotto, ma non diteglielo, ci resterebbe male);
- qualcuno lo ha pure comprato, perché si sa che un libro a casa arreda e fa fino. Certo la polvere è un po’ un problema. Tuttavia, basta acquistare quelli nel cellophane e il problema è bello che risolto;
- ci tiene a regalare i libri agli amici. Ma non avendo idea del loro contenuto solitamente ripiega su un classico di spessore (intendendo, letteralmente, la consistenza del volume), l’ultima fatica di Bruno Vespa (il finto lettore è spesso odiato dagli amici, e potete immaginarne il motivo);
- il lettore che finge è posticcio. Come posticcia è la sua cultura. Non ama il rischio. Non ama la meraviglia e il piacere di percorrere strade non battute da altri. Preferisce andare sul sicuro è si accosta solo ai titoli con un largo e condiviso pedigree;
- è una creatura da salotto, più che un topo da biblioteca. A ben guardare è una figura irrisolta, priva di identità e che in fin dei conti suscita una certa tristezza.
Nel corso di queste tre breve riflessioni a tastiera aperta (clicca per leggere la Parte 1 e la Parte 2) ho cercato di descrivere alcune anomalie antropologiche, adottando una prospettiva critica, un approccio destruens nel tentativo di comprendere le ragioni di una disaffezione, quella alla lettura.
Ma chi è, alla fine della storia, il vero lettore?
Anche qui la risposta è abbastanza semplice, perlomeno per chi ama osservare la realtà che lo circonda. Per comprendere la soluzione di questo interrogativo, ho bisogno di fare una brevissima premessa.
Ho una personale concezione che vorrei condividere in queste righe: sono fermamente convinto, infatti, che non siamo noi a trovare i libri ma, ciò che accade è esattamente il contrario, sono loro che trovano noi, che decidono di entrare nella nostra vita, rivoluzionandola completamente.
Ed il vero lettore lo sa, aspetta e, nel suo piccolo, cerca.
Il vero lettore lo riconoscete subito: è quello che si aggira quasi smarrito, almeno in apparenza, tra gli scaffali delle librerie. Ogni tanto, non visto, prende un volume, lo osserva, lo sfoglia, lo annusa.
Attende pazientemente che il libro decida e lo scelga e dia inizio alla loro storia in comune.
Perché i libri sono pazienti, sanno aspettare e forse se Leonard Zelig avesse compreso questa piccola verità, la sua vita sarebbe stata completamente diversa.
Chi è Vincenzo Maimone:
(Messina, 1970) si è laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Messina. È Ricercatore in Filosofia politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania. È autore di vari saggi e articoli su riviste scientifiche e della monografia La società incerta. Liberalismo, individui, istituzioni nell’era del pluralismo (Rubbettino, Soveria Mannelli 2002). Ha pubblicato quattro romanzi, Un nuovo Inizio (Sampognaro e Pupi, 2009) selezionato come semifinalista al Premio Scerbanenco; L’ombra di Jago (Sampognaro e Pupi, 2011); La variabile Costante (Fratelli Frilli Editori, 2014), romanzo finalista al “Tolfa Gialli & Noir 2015” e vincitore del “Premio Romiti 2015 – Sezione Scrittori Emergenti”; Sicilia Terra Bruciata (Fratelli Frilli Editori, 2016). È appassionato di cucina e ama andare in giro in sella alla sua Harley Davidson.
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