La Filosofia di chi “vorrei leggere, ma…”. (Trilogia sulla non-lettura, pt.2)

(di Vincenzo Maimone)

(Dopo ‘La Filosofia di chi non legge’, lo scrittore e ricercatore in Filosofia Vincenzo Maimone ci offre la seconda parte di una trilogia dedicata alle dinamiche mentali e non solo di chi, per un motivo o per un altro, non legge.)

Avete presente l’indimenticabile scena interpretata da John Belushi e Carrie Fisher in “The Blues Brothers”? Se non la ricordate (gravissimo. Rimediate immediatamente!) provo a descriverla in maniera sintetica.

Jake e Elwood, in missione per conto di Dio, tentano una rocambolesca fuga attraverso i canali di scolo delle fognature. All’improvviso una raffica di colpi sparati da un fucile d’assalto li costringe a fermarsi. Di fronte a loro c’è l’ex futura sposa di Jake che, abbandonata sull’altare il giorno delle nozze, deve lavare l’onta della vergogna per sé e per la sua famiglia, uccidendo sia Jake che Elwood. È a questo punto che l’imperturbabile Jake con la maestria del consumato mentitore inizia a snocciolare, in un crescendo di fantasia e di drammaticità, una salva di scuse: “non ti ho tradito, ero rimasto senza benzina, avevo una gomma a terra, non avevo i soldi per il taxi, non mi hanno consegnato il tait, c’era il funerale di mia madre, è crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette, non è stata colpa mia”, fino a concludere con un definitivo, lo giuro su Dio, che rassicura circa la sincerità delle sue giustificazioni.

Ecco, quando io sento pronunciare la frase “Vorrei leggere, ma…” mi ritrovo catapultato in quel canale di scolo con la tremenda sensazione di stare per assistere ad una tragicomica esplosione di scuse e senza avere neanche il conforto di poter imbracciare un fucile d’assalto.

Perché l’impressione vivida è che chi adotta questa raffinata strategia dell’evitare stia perpetrando un inganno. Si badi, a essere ingannato non è necessariamente l’interlocutore, bensì lo stesso mentitore.

È l’uso improprio del verbo “volere” a rivelare l’esistenza del tranello. Se analizziamo attentamente il concetto di volontà, infatti, dobbiamo riconoscere che l’uso del condizionale non si addice propriamente alla manifestazione di un desiderio, di un’aspirazione, qualunque essa sia. O, per essere più corretti, probabilmente esso è giustificabile in via preliminare: come una sorta di propedeutica all’agire.

La volontà, nella sua essenza più autentica, implica un potere, presuppone l’inizio di un’azione proiettata verso la realizzazione del desiderio e non verso la rinuncia, né tanto meno verso una passiva rassegnazione.

Quindi, alla base di questo sotterfugio vi sarebbe il tentativo maldestro di celare, di mascherare un aspetto che l’interlocutore nel profondo conosce, ma che intende non rivelare né a se stesso, né agli altri, ovvero il fatto “di non amare la lettura”.

Sia chiaro è questa una scelta, una preferenza legittima, forse contestabile, ma non per questo condannabile. Ciò che rende opaca e ambigua la conversazione è la scelta di adottare una strategia di occultamento della verità dei fatti. L’uso della menzogna e dell’inganno, ricordando ancora una volta Kant, è sempre gravido di conseguenze sia individuali che collettive, che non è possibile minimizzare o non considerare nella costruzione dell’orizzonte di senso nel quale ciascuno di noi vive.

Al contrario, quando alla volontà viene garantito un libero spazio di espressione, quando la si affranca dalle catene della necessità e della indisponibilità (di tempo, di spazio, di autonomia di pensiero, ecc.), essa trova modo e strumenti per realizzare se stessa e per non abbandonare con l’inganno, ancora una volta, sull’altare della libertà la sua sposa promessa: la propria dignità.

Chi è Vincenzo Maimone:

(Messina, 1970) si è laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Messina. È Ricercatore in Filosofia politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania. È autore di vari saggi e articoli su riviste scientifiche e della monografia La società incerta. Liberalismo, individui, istituzioni nell’era del pluralismo (Rubbettino, Soveria Mannelli 2002). Ha pubblicato quattro romanzi, Un nuovo Inizio (Sampognaro e Pupi, 2009) selezionato come semifinalista al Premio Scerbanenco; L’ombra di Jago (Sampognaro e Pupi, 2011); La variabile Costante (Fratelli Frilli Editori, 2014), romanzo finalista al “Tolfa Gialli & Noir 2015” e vincitore del “Premio Romiti 2015 – Sezione Scrittori Emergenti”; Sicilia Terra Bruciata (Fratelli Frilli Editori, 2016). È appassionato di cucina e ama andare in giro in sella alla sua Harley Davidson.

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