Macerie e poesia dal ‘libro dimenticato’ di Angela Langone

(di Angela Langone)

Rispolverare L’angelo tacque mi riporta indietro nel tempo. L’ho scelto contro ogni logica per la mia tesi di laurea in un tempo in cui tutti dissertavano di Goethe e, al massimo, Brecht (è ancora così?).

Non solo scelsi Böll, un autore controverso e, nonostante il Premio Nobel che ricevette nel 1972, non particolarmente amato dalla letteratura ufficiale, ma un’opera minore, inedita fino alla sua morte (“Già, perché gli scrittori morti vendono di più”, dice un amico cinico e temo abbia ragione), che nessuno – nessuno! – aveva mai esaminato prima, né tanto meno analizzato in una tesi di  laurea.

Quando morì, il 16 luglio 1985, all’età di 67 anni, Heinrich Böll aveva alle spalle quarant’anni di vita da libero scrittore e un’opera, tradotta in quarantacinque lingue, di vastità enorme, che include romanzi, racconti, drammi radiofonici, opere teatrali, sceneggiature, poesie, saggi, interviste e recensioni.

Ma a me non interessava quel Böll, lo scrittore stimato e di successo. Mi interessava e mi interessa lo scrittore affamato, a corto di tabacco e di carta per scrivere, che inviava 17 manoscritti in sei mesi e a cui ne pubblicavano, se andava bene, 3; mi interessava la sua necessità di scrivere, così inspiegabile e simile alla mia (“Non ho altra scelta”, rispondeva quando gli si chiedeva perché mai volesse diventare scrittore).

So con certezza che nessuno ne aveva fatto oggetto di un lavoro esteso, perché cercai materiale per la mia tesi di laurea in Italia, in Germania, andai fino alla grandiosa Stadtbibliothek (biblioteca) multipiano di Colonia, nella città natale dello scrittore, e non trovai nulla.

Evidentemente L’Angelo tacque, che era stato ignorato all’inizio della carriera di Böll, nonostante la pubblicazione postuma, lo era anche dopo. Eppure quest’opera giovanile conteneva già tutti gli elementi della sua poetica, il carattere e i temi della sua scrittura; la sua grandezza. Che sarebbero stati amati, sì, ma solo dieci o quindici anni più tardi, perché allora, alla fine degli anni Quaranta, non li aveva notati nessuno, e Böll doveva lottare quotidianamente contro la fame.

E così, in quel lontano 1999, anno della mia tesi di laurea, decisi che lo avrei difeso io, lo scrittore impaurito degli esordi.

Come titolo scelsi “Macerie e poesia”, perché mi sembrava riassumere al meglio cosa aspettarsi da questo romanzo.

Alla fine del secondo conflitto mondiale, in una città rasa al suolo dai bombardamenti, silenziosa come un cimitero e coperta di macerie, un uomo torna dal fronte con l’anima svuotata (oggi si direbbe, più prosaicamente, “depresso”): è un uomo solo su uno sfondo di rovine, che deve decidere se rinunciare o accettare la vita.

Tra le macerie, reali e simboliche, prende vita la storia d’amore di Hans e Regina.

In che modo questo libro mi ha cambiato? Dove mi ha condotto? Be’, innanzi tutto è stato il libro con il quale ho chiuso un periodo della mia vita, quello da studente, con cui ho lasciato gli anni della formazione per buttarmi nel reale. Va anche detto che non è stato quest’unico romanzo ad avere un significato forte per me: è stato l’incontro con tutta l’opera bölliana e con il suo autore, così comunicativo e presente da avere la sensazione di conoscerlo personalmente e da innamorarsene illogicamente, a rendermi diversa. O meglio, a spalancare un nuovo orizzonte di me, a illuminare sensazioni che già mi appartenevano con nuove conoscenze.

Mi sentivo come Böll e un po’ come i suoi personaggi: come Regina, che si ribella alla tristezza e si lancia in un’impresa più grande di lei – pulire casa dalle macerie, dalla polvere, dagli insetti, “quell’esercito di insetti che si mette in moto quando comincia una guerra”. Così dopo la guerra, Regina cerca di trovare la normalità nella pulizia della casa, ma non solo, torna a provare dei sentimenti: un amore fragile, incerto, fatto di poche parole.

Un romanzo con pochi dialoghi, con frasi spezzate dalla paura, dal timore di amare e di esprimersi in quella lingua, il tedesco, che era stata portatrice della propaganda del male.

Siamo in un luogo e un’epoca storica in cui un aspirante scrittore come Böll sente la necessità di riappropriarsi non solo della propria vita, ma persino del linguaggio; e la difficoltà di scrivere in una lingua che non gli apparteneva più, che era diventata la lingua del nazionalsocialismo, di cui i nazisti avevano abusato e dove anche le parole di uso comune erano state svuotate per dare loro un significato allusivo che le riempiva di orrore.

Conobbi la storia vissuta in prima persona da quelli che agli occhi di tutti erano indifendibili, l’altra faccia di un popolo che aveva abbracciato l’ideologia nazista: quei tedeschi che il nazismo lo avevano temuto, sofferto, subito, e da cui erano stati moralmente sconfitti.

Ma Böll non era mai stato per il silenzio. Non aderì alle esortazioni della nuova politica del cancelliere Adenauer che invitava a dimenticare il passato, a non parlarne più.

Il passato non andava dimenticato e l’arte era un grido d’aiuto, come scriveva Böll nelle sue lettere:

“Anche nell’arte vale il detto: “La necessità insegna a pregare” e in fondo ogni arte è, in qualche modo, preghiera: grido d’aiuto, inno di lode o di ringraziamento, o il balbettio disperato della creatura perduta, che cerca una via d’uscita…”

 

Chi è Angela Langone:

è nata a Limbiate (MI) nel 1972. È laureata in Lingue e Letterature Straniere all’Università degli Studi di Milano con specializzazione in Germanistica. Scritttrice e blogger professionista, da appassionata di marketing e comunicazione ha seguito corsi di specializzazione e di comunicazione online e multimediale, web marketing, promozione eventi culturali e scrittura creativa. Ha lavorato in Germania nell’ospitalità alberghiera e ha fatto parte del team di lancio della bevanda Derby Blue in Austria. Tornata in Italia, nel 2001 approda all’editoria in una grande casa editrice di riviste, guide e portali di turismo e benessere. Successivamente diventa responsabile comunicazione & ufficio stampa per una casa editrice di libri per bambini.

Nel 2010 ha pubblicato Lucani. Guida ai migliori difetti e alle peggiori virtù, venduta in Italia e all’estero e di cui sono state realizzate anche le versioni ebook e audiolibro. Nel 2011 fonda www.viviconstile.it, il portale de lo stile in tutte le sue declinazioni, di cui progetta personalmente la struttura e i contenuti. Parla perfettamente inglese e tedesco, ama la letteratura contemporanea, le serie TV di ambientazione storica e le vacanze itineranti. La sua tesi è disponibile su Amazon cliccando qui:  Macerie e poesia

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